Chiedete a qualcuno come sta. Quasi certamente dopo un “bene” di circostanza inizierà a parlare di una serie di problemi che lo riguardano. Voi risponderete probabilmente elencando i vostri problemi. Non è escluso che la conversazione diventi una simpatica gara in cui vince chi ne ha di più gravi ed insormontabili. Nulla di grave, viviamo una cultura in cui sofferenza e sacrificio sono diventati dei valori, e malgrado l’apparente insensatezza della conversazione, chi può dimostrare di avere più difficoltà potrebbe uscirne, grottescamente, come una specie di vincitore. Un pò più difficile sarà ascoltare due persone che si raccontano i propri sogni, si confessino i propri desideri e si confrontino sul come realizzarli. Oppure che raccontino delle proprie emozioni. Anche qui si è portati maggiormente a mettere l’evidenza sull’ostacolo piuttosto che sulla meta desiderata, così come abbiamo visto parlando di resilienza.
Infatti se c’è una difficoltà che possiamo considerare trasversale anche nel duro mondo del business oltre che nelle persone comuni è, paradossalmente, la mancanza di obiettivi. Dico “paradossalmente” perché in realtà si pensa sia una caratteristica della modernità occidentale perseguire solo obiettivi rinunciando invece alla riflessione ed alla profondità. Niente di più falso. Al contrario molte persone sono inclini ad indugiare in complicatissime riflessioni, ragionamenti, strategie, che alla fine corrono il rischio di prendere il posto della realtà, malgrado il loro apparente, stringente rigore logico. Cosa manca? L’arte del sentire e dell’ascoltarsi. L’ascolto dei propri desideri, delle proprie emozioni, ed anche di che cosa veramente abbiamo bisogno.
A furia di ragionare, pensare, analizzare abbiamo perso infatti l’abitudine a sentire quello che proviamo e soprattutto i nostri desideri. Che invece sono il vero motore della nostra vita. Ma i desideri hanno avuto vita molto difficile, perdendo storiche battaglie contro ciò che è giusto, normale, adeguato, ecc. Non fa sempre parte dell’educazione di un bambino invitarlo a prestare attenzione a ciò che desidera. Pochi bambini, evidentemente, rispondono ai genitori con le parole di Sir John Whitmore: “Se lo devo fare è per gli altri, se lo voglio fare è per me” .
Anche i luoghi comuni qui si sprecano. Come se chi fa ciò che desidera sia inevitabilmente una persona avventata e senza giudizio, se non addirittura immorale o fuorilegge. In realtà avere ben presente ciò che si vuole è, al contrario, una guida preziosissima per essere ben centrati. Diventa infatti una sorta di bussola, una direzione verso la quale si allineano le energie, le strategie e le risorse per conseguirli, ed, infine, una fonte inesauribile di emozioni, il vero carburante che ci consente di mantenere la rotta superando anche ostacoli ed avversità. Qualsiasi obiettivo diventa debole se non ardentemente desiderato. E quindi conseguirlo diverrà improbabile.
Le emozioni ci accompagnano anche e soprattutto nel cammino verso il futuro. La meta si sa, non regala la felicità. Il percorso si. Soprattutto se è un percorso in cui siamo presenti a quanto proviamo. L’obiettivo non è il fine, ma un mezzo. Un mezzo per rendere più piena la nostra vita. Una via di espansione, per dare priorità a quello che proviamo e non solo a quello che pensiamo. Un modo infine per dare più senso alla nostra esistenza. Paradossalmente infatti, ascoltando noi stessi, le nostre emozioni ed i nostri desideri non siamo debolmente proiettati in un futuro indefinito. Ma piuttosto solidamente radicati nel qui ed ora.