Una persona, un atleta, un performer, un imprenditore, chiunque abbia un progetto, un obiettivo da raggiungere sa bene che oltre alla preparazione, alla volontà, ai soldi, alla fortuna serve quello che si può definire la “condizione mentale” favorevole, o, se vogliamo semplificare, la cosiddetta “testa giusta” per avere successo, per riuscire in quello che si desidera.
Si tratta di quel fattore che alla fine ha sempre l’ultima parola, quella variabile che in sostanza sembra essere quella più difficile da controllare, e che sembra sfuggire al controllo personale.
Il Coaching si occupa proprio di questo. Di aiutare chi si è posto degli obiettivi sfidanti a raggiungere appunto la migliore condizione mentale e personale per farlo. Non è semplice e richiede una professionalità e soprattutto un metodo che non si improvvisano. Ci sono strumenti che sicuramente derivano da un ambito psicologico, ma chi si occupa di psicologia non ha quasi mai una preparazione sufficiente senza una formazione specifica. Si tratta infatti di un “metodo” e non di “tecniche”.
Purtroppo va detto anche che non è semplice affidarsi al professionista giusto. Bisogna superare due ostacoli principali. Il primo è sicuramente l’improvvisazione. Molte persone si autodefiniscono “coach” improvvisandosi appunto, e soprattutto al di fuori anche da quanto previsto ad esempio dalla normativa italiana. Il secondo motivo di confusione è la differenza di approccio delle varie scuole, che in alcuni casi è radicale. Non è difficile confondersi vedendo “coach” da palcoscenico, ex venditori, motivatori suadenti o aggressivi, specialisti di programmazione neurolinguistica e soprattutto le sigle più disparate dal mental al diet, al financial coaching e a chi più ne ha più ne mette.
Come può orientarsi chi ha scelto di rivolgersi ad un Coach? La regola d’oro è fidarsi del proprio buon senso e del proprio intuito. In genere basta ed avanza nella scelta di qualsiasi professionista. Si può anche sbagliare nella scelta. Ma si può anche cambiare nel momento in cui ci si rende conto che non è la persona adatta a noi.
Ma come lavora un Coach professionista? Innanzitutto non è una persona che da consigli o che dice cosa si deve fare. Questo è quello che fa in genere un consulente. E nemmeno fornisce, dall’esterno, delle motivazioni. Piuttosto è una persona in grado di facilitare un processo, un contatto interno, con le proprie risors,ssere, sentire e fare si ricongiungono in un processo unitario. Nella direzione della realizzazione di obiettivi e del proprio benessere. Un Coach professionista non deve garantire il raggiungimento di risultati, questo è, evidentemente, al di fuori del controllo sia del Coach che del Cliente. Crea piuttosto le condizioni affinché possa avvenire tutto quanto è possibile avvenga di favorevole nella disponibilità del Cliente, sempre in direzione della realizzazione di un futuro desiderato.
La relazione di Coaching ha una durata limitata, non è per sempre. Questo perché è legata ad una richiesta definita. Ma anche perché il fine del Coaching è quello di rendere il Cliente autonomo. Questo sia se il Cliente sia una persona, sia se si tratti di un’azienda, di una scuola o un team.
Oltre questo c’è qualcosa di più prezioso. Darsi degli obiettivi, avere dei sogni non è qualcosa di effimero. Mette in contatto con la propria interiorità, invita all’autorealizzazione, alla conoscenza di se stessi ed a provare a dare un senso ultimo alla propria esistenza. Alla fine ci si accorge che avere una meta è importante, ma la vera gioia si scopre proprio nel “viaggio”, nel contatto pieno e potente con le proprie risorse e le proprie potenzialità, nella scoperta della nostra ricchezza interiore, nello smettere di giudicarci, aprendoci, mi si perdoni l’enfasi, all’amore per noi stessi, e quindi a tutto l’amore possibile.