Il multitasking umano è l’apparente abilità ad eseguire più di un compito o attività in contemporanea in un dato periodo di tempo. Un esempio di multitasking è quello di parlare a telefono mentre si digita una e-mail o si legge un libro. Ma, al contrario di quanto succede in informatica, il nostro cervello è incapace di lavorare in multitasking. Un limite dovuto alla natura selettiva della nostra capacità di elaborare informazioni. Quando si prova a fare più cose contemporaneamente si riesce solo ad alternare più o meno velocemente l’oggetto della nostra attenzione (“switchtasking”) saltellando in modo anche molto rapido da un compito ad un altro, oppure a mettere un processo sullo sfondo, e quindi privarlo della dovuta attenzione (“backtasking”), come quando ascoltiamo musica mentre facciamo qualcosa.
Il risultato devastante del multitasking è che impieghiamo in media il doppio del tempo ad eseguire lo stesso compito, diminuendo gravemente la nostra efficienza, aumentando la possibilità di errore, inficiando la qualità del lavoro eseguito, perdendo una buona parte dei dati e soprattutto generando stanchezza, ansia, depressione e stress. La sensazione angosciante è che il tempo non è mai abbastanza. Ed infatti, malgrado l’illusione di ottimizzare i tempi, si ottiene il risultato opposto, bruciando, senza accorgercene, enormi quantità di energie, risorse ed efficienza, con conseguenze economiche, produttive ed anche mediche e psicologiche poco piacevoli. La nostra autostima diminuisce, e per contrastare tale sensazione, aumentiamo il carico di lavoro da eseguire in contemporanea, peggiorando ulteriormente la situazione in una spirale drammatica.
La soluzione è invece quella di eseguire ogni compito dopo aver finito quello precedente (“monotasking”) mettendo la totalità della nostra attenzione in quello che stiamo facendo, fosse pure il semplice camminare. Fare insomma una cosa alla volta. Troppo semplice? Le conseguenze di un simile cambiamento saranno invece impressionanti sulla nostra efficienza e sul nostro benessere. Riusciremo a fare molte più cose nello stesso arco di tempo e soprattutto molto meglio. E volendo andare oltre, prestando anche attenzione a quello che proviamo fisicamente ed emotivamente mentre facciamo qualcosa, si apre addirittura la strada ad una vera e propria “working meditation“, una vita in cui la meditazione può divenire uno stato permanente, dinamico e piacevole, con sensibile miglioramento della qualità complessiva.
Vi propongo un semplice TEST per vedere come funziona:
- Stampate il foglio in PDF da questo link: Multitasking;
- Ponetelo di fronte a voi, con una penna efficiente in una mano ed un cronometro nell’altra (potete usare quello del cellulare);
- Fate partire il cronometro e copiate la frase “IL MULTITASKING E’ UN FALSO” nella riga denominata S1 e subito dopo copiando i numeri da 1 a 21 nella riga denominata S2. Quando avete terminato fermate il cronometro;
- Scrivete il tempo ottenuto sulla riga in fondo”S:__“;
- Azzerate il cronometro;
- Fate partire di nuovo il cronometro. Stavolta copiate il testo ed i numeri in contemporanea, alternando quindi una lettera nella riga denominata M1 ed un numero in quella M2 (quindi “I” e poi “1” poi “L” e poi “2” e così via sino alla fine). Quando avete terminato fermate il cronometro;
- Scrivete il tempo stavolta ottenuto sulla riga in fondo”M:__“;
- Avete eseguito lo stesso identico compito sia in modalità singletasking/monotasking (quindi una cosa alla volta) che multitasking. Accorgetevi della differenza di tempo impiegato nell’eseguire lo stesso identico carico di lavoro, ma in modo diverso. Accorgetevi anche di come vi sentite sia dopo la prima modalità che nella seconda. E magari anche di eventuali errori e della qualità della scrittura.
Potreste ora comprendere la frase “Le vie dell’Inferno sono lastricate dal multitasking” 🙂